oppioidi

Meccanismi d'azione e tossicità
Con il termine oppioidi si indicano le sostanze derivate dall'oppio, come la codeina, la morfina che ne è l'alcaloide principale, e gli altri derivati semisintetici di quest'ultima molecola, prima fra tutti la diacetilmorfina: l'eroina.
Esistono forti somiglianze strutturali tra alcune parti delle molecole di oppioidi e le endorfine. Per questa ragione, gli oppioidi sono in grado di modulare le funzioni dei neuroni che presentano recettori per le endorfine, legandosi ad essi. Gli effetti indotti dall'assunzione di oppioidi, pertanto, sono mediati dalle alterazioni funzionali da essi prodotte sulle strutture cerebrali in cui sono localizzati i recettori per le endorfine.
Gli oppioidi, come le endorfine, possiedono di norma una attività di tipo inibitorio sulle funzioni dei neuroni. L'attività inibente sui neuroni delle strutture che possiedono recettori per le endorfine, illustrate nel capitolo sul cervello, ci fa comprendere le basi biologiche dei maggiori effetti degli oppioidi a livello cerebrale.
L'azione principale degli oppioidi a livello del sistema nervoso è quella analgesica. La morfina è ancora oggi l'antidolorifico più efficace ed usato nella pratica medica. Gli oppioidi riducono l'attività dei neuroni presenti nelle strutture implicate nella percezione delle varie componenti del dolore. L'effetto analgesico della morfina si realizza quindi in maniera duplice: da una lato innalza la soglia percettiva del dolore, riducendo quindi l'intensità della stimolazione dolorifica percepita, e dall'altro - soprattutto - attenua la componente emotiva del dolore. Per cui il soggetto continua ad avvertire il dolore ma non sperimenta l'ansia, la paura e l'afflizione psicologica solitamente congiunta alla sofferenza fisica.
Gli oppiodi, quindi, inibiscono le funzioni dei centri della respirazione e della tosse, deprimendo così la ventilazione polmonare, tanto che gran parte dei decessi immediati da overdose di eroina è determinata da insufficienza respiratoria.
Gli oppioidi, infine, abbassano l'attività dei neuroni del locus coeruleus e del sistema limbico, generando una serie di effetti a livello emotivo di natura soggettivamente variabile, che dipendono non soltanto dall'azione farmacologica della sostanza ma da fattori d'ordine psicologico e condizionamenti di tipo culturale (motivazioni all'abuso di droga, aspettative, profilo caratteriale, valore culturale dell'abuso, ecc.). Nella grande variabilità soggettiva degli effetti psicologici emergono tuttavia dei tratti emotivi in qualche modo ricorrenti in ogni soggetto che fa uso di oppioidi e che sono forse da addebitare all'azione inibitoria di tali sostanze sulle strutture anatomiche implicate nel comportamento emotivo e motivazionale: una sensazione di distacco dal mondo e di disinteresse verso le cose, una forte tendenza all'apatia e l'assenza di ogni preoccupazione. È probabilmente questa sorta di anestesia emotiva (con la connessa abolizione di ogni stress) a rendere desiderabili gli oppioidi soprattutto alle persone con problemi di adattamento. L'abuso di oppioidi, in tal senso, rappresenterebbe il tentativo di aggiustare gli equilibri biopsicologici in qualche modo compromessi, attenuando artificialmente la connotazione emotiva delle esperienze e delle circostanze esistenziali.
L'assunzione endovenosa di eroina provoca in pochi secondi quello che nel gergo dei tossicodipendenti viene chiamato "flash", l'esplosione di un intenso piacere, simile all'orgasmo sessuale, con sensazioni di caldo ed euforia. Questo stato acuto, che generalmente si esaurisce nel giro di un solo minuto, è accompagnato da prurito, restringimento delle pupille, abbassamento del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa. Segue quindi un marcato rallentamento dei processi ideomotori ed uno stato di sonnolenza. L'assunzione di oppioidi inibisce inoltre la liberazione di sostanze prodotte da un importante centro nervoso, l'ipotalamo, attraverso le quali il cervello controlla e dirige le funzioni dell'ipofisi, la ghiandola maestra del sistema endocrino. In tal modo, gli oppioidi scompensano gli equilibri ormonali, in special modo quelli che sono alla base del normale funzionamento dell'apparato riproduttivo.
Notevole è anche l'azione a livello gastrointestinale. Gli oppioidi riducono la secrezione di acido cloridrico nello stomaco, della bile e del succo pancreatico a livello dell'intestino e ritardano in tal modo i processi digestivi. La motilità intestinale è fortemente depressa, tanto che a livello dell'intestino crasso le onde peristaltiche sono di fatto abolite e ciò, unitamente all'inibizione dello stimolo sensoriale che a livello cerebrale determina il riflesso della defecazione, spiega il marcato effetto costipante della morfina e dell'eroina.

TOLLERANZA E DIPENDENZA

Sicuramente più gravi e complesse delle alterazioni connesse all'uso e all'abuso degli oppioidi appena descritte sono le intricate problematiche biopsicologiche della tolleranza e della dipendenza a tali sostanze. La tolleranza, cui comunemente ci si riferisce con il termine improprio di assuefazione, è in generale il fenomeno biologico dell'adattamento dell'organismo alla presenza di sostanze tossiche e per il quale si dà una progressiva riduzione degli effetti farmacologici a parità di dose. La tolleranza, in sostanza, costringe un individuo ad assumere dosi sempre crescenti di droga per ottenere gli stessi effetti. In generale, la tolleranza dipende:
- dalla modificazione nella sintesi e nell'eliminazione del neurotrasmettitore attraverso il quale agisce la droga;
- da modificazioni a livello dei recettori su cui la sostanza agisce;
- da aggiustamenti funzionali esplicati dagli apparati nervosi su cui agisce la droga e da altre strutture organizzate del cervello da essa non direttamente influenzate, che tendono a contrastare e a compensare le alterazioni prodotte dalle sostanze psicoattive.
Nel caso della tolleranza alla morfina e all'eroina, l'apporto di oppioidi dall'esterno costringe i neuroni a contenere l'incremento della stimolazione dei siti recettoriali per le endorfine, su cui gli oppioidi vanno ad agire. Ciò si ottiene diminuendo da un lato la densità dei recettori per le endorfine e inibendo dall'altro la loro sintesi. L'uso cronico degli oppioidi, in definitiva, porta i neuroni dei sistemi regolati dalle endorfine a delegare le funzioni di controllo alla droga. Essi divengono di fatto incapaci di agire senza la presenza della sostanza tossica. Ciò porta ad una progressiva riduzione della risposta alla droga e alla necessità di un continuo apporto esterno di oppioidi per permettere il normale funzionamento dei sistemi endorfinici, cioè a dire alla dipendenza fisica. È questa la ragione per la quale l'interruzione improvvisa dell'assunzione dell'eroina nei tossicodipendenti provoca l'insorgenza drammatica della sindrome d'astinenza. L'assunzione abituale di oppioidi determina inoltre l'attivazione compensatoria della trasmissione neuronale nei circuiti inibiti dalla droga. Ciò innesca un circolo vizioso fisiologico. L'ipereccitabilità di tali circuiti nervosi, infatti, comporta a sua volta la necessità di dosi sempre più elevate di oppioidi per essere controllata, provocando così un progressivo innalzamento del livello di tolleranza e una dipendenza fisica sempre più dura. L'iperfunzionalità compensatoria si esprime prepotentemente nella sindrome d'astinenza, quando, con l'interruzione dell'assunzione di oppioidi, viene a mancare la sostanza che ne controllava le manifestazioni.
Anche un altro neurotrasmettitore sembra coinvolto nei fenomeni della tolleranza e della dipendenza agli oppioidi: la noradrenalina. Il locus coeruleus, infatti, la stazione d'origine delle fibre contenenti noradrenalina, presenta recettori per gli oppioidi. La somministrazione di queste ultime sostanze produce inibizione dell'attività elettrica del locus coeruleus e la sua stimolazione provoca effetti simili a quelli della sindrome d'astinenza. L'inibizione da oppioidi dei neuroni contenenti noradrenalina del locus coeruleus si riduce dopo ripetute somministrazioni, al contrario, l'interruzione della somministrazione delle stesse sostanze induce un aumento dell'attività di tali neuroni.
La dipendenza possiede inoltre una forte compenente psicologica, quella che soggiace all'impellente desiderio, all'assoluta necessità della droga (quello che gli anglossassoni chiamano Craving). La dipendenza psicologica deriva dalla gratificazione che l'individuo ottiene dall'assunzione della droga e dalla necessità di evitare il malessere che sperimenta quando ne è privo (la sindrome d'astinenza). Pur avendo una base biologica, la dipendenza psicologica è soprattutto il prodotto di rappresentazioni affettive e cognitive, per cui le sue manifestazioni sono assolutamente soggettive e collegate ad esperienze individuali e contesti socio-culturali.

PATOLOGIE

La patologia più grave direttamente legata all'abuso di oppioidi è la sindrome da iperdosaggio, l'overdose. Il sintomo più grave dell'iperdosaggio da oppioidi è la depressione respiratoria, che può portare alla morte immediata per insufficienza respiratoria, per asfissia. Marcata è anche una generale inibizione delle funzioni del sistema nervoso centrale che può portare al coma. È presente quindi una grave depressione cardiovascolare che determina notevoli alterazioni nei processi di scambio dei liquidi tra sistema circolatorio e tessuti e quindi accumulo di fluidi negli spazi tra le cellule degli organi (edema), soprattutto del cervello e dei polmoni. I decessi da complicazioni da overdose sono dovuti nella maggior parte dei casi a gravi edemi cerebrali acuti.
L'overdose può causare inoltre problemi vascolari, come la formazione di trombi (masse semisolide di elementi del sangue coagulati nei vasi) nelle arterie cerebrali. L'occlusione delle arterie determinata dalla presenza dei trombi provoca una insufficiente irrorazione sanguigna (ischemia) delle cellule cerebrali e quindi la loro morte. Ciò porta a deficit più o meno seri nelle funzioni svolte dalle parti del cervello colpite da ischemia. L'overdose induce frequentemente l'insorgenza di un delirio acuto, che generalmente si risolve in pochi giorni ma che, talora, può anticipare lo svilupparsi di demenze organiche e deterioramenti cognitivi.
La gran parte dei decessi connessi all'uso di eroina, tuttavia, non sembra imputabile a iperdosaggio dell'oppioide. La morte da reale overdose generalmente si dà nei soggetti che non hanno sviluppato tolleranza alla droga, e questo non è il caso dei tossicodipendenti, ma di coloro che assumono l'eroina per la prima volta o dei tossicomani disintossicati che si riavvicinano nuovamente all'eroina. Per comprendere le cause dei decessi dei tossicodipendenti, in numero di gran lunga superiore a quello registrato nelle fila dei neofiti dell'eroina, invece, occorre tenere presente, in primo luogo, che l'eroina di strada è una miscela di più sostanze e che molto spesso l'autosomministrazione della droga è accompagnata dall'assunzione di altre sostanze intossicanti, come droghe diverse dall'eroina, alcool e psicofarmaci (benzodiazepine e barbiturici). Molti casi di morte sono dovuti infatti dalla deliberata ingestione di l'alcool e di farmaci tranquillanti, sostanze che amplificano taluni effetti letali propri dell'eroina, come quello di inibizione della respirazione e delle funzioni cardiovascolari. Molti altri decessi sono invece da imputare a altri fenomeni di sommazione della tossicità, quelli dovuti alle varie sostanze usate per il "taglio", dell'eroina spacciata in strada, dalla stricnina al chinino, dal talco all'efedrina, dalla nicotina al cianuro, dall'acido salicilico all'amido. Non infrequenti sono inoltre i casi di morte per shock anafilattico, per reazioni immunitarie acute alle sostanze da taglio o ad altre impurità presenti nell'eroina di strada.

Sindrome d'astinenza
Un'altra patologia direttamente connessa alla dipendenza da oppioidi è la sindrome d'astinenza. La sindrome d'astinenza si determina nei soggetti tossicodipendenti in seguito alla sospensione dell'assunzione abituale di droga. La sua gravità dipende dalla gravità della dipendenza sviluppata verso la sostanza di cui fa abuso. Nel caso della sindrome d'astinenza da oppioidi si presentano, per un effetto di rimbalzo, dei sintomi clinici di segno opposto a quello determinato dall'assunzione di tali sostanze. Avremo quindi in successione: ansia, irritabilità, sudorazione, lacrimazione, secrezioni nasali, tremori muscolari, piloerezione, anoressia, insonnia, ipertensione, tachicardia, nausea, vomito, diarrea, eiaculazione spontanea o orgasmo, insufficienza renale, ed infine una serie di alterazioni a carico del sangue. Nei casi di forte dipendenza all'eroina, la sindrome può cominciare addirittura dopo sole otto ore dall'ultima assunzione della droga. Il picco di gravità dei sintomi viene raggiunto verso i tre giorni e può durare per 48 ore. La sindrome infine si risolve dopo 7-10 giorni dal suo inizio con la scomparsa dei sintomi dell'astinenza e la disintossicazione fisica. La normalizzazione completa degli equilibri fisiologici richiede tuttavia molto più tempo e alcune patologie contratte con la tossicodipendenza possono permanere per il resto della vita. Anche la dipendenza psicologica possiede vita molto più lunga di quella fisica. Il bisogno (craving) di droga, evocato dal ricordo del piacevole distacco dal mondo connesso all'uso dell'eroina o da altri fattori psichici e sociali, può restare presente e indurre ad un uso di tipo recidivo, con ripetitute remissioni e ricadute nella tossicodipendenza.

Patologie non direttamente connesse agli oppioidi
La tossicodipendenza e, in particolare, l'eroinomania portano, indipendentemente dalla presenza dell'AIDS, a notevoli disturbi delle funzioni del sistema immunitario e quindi diminuiscono la resistenza alle malattie. Per questa ragione, unitamente alla relativa cura dell'igiene cui sono costretti coloro che fanno uso di eroina di strada (scambio di siringhe, promiscuità sessuale, cattiva igiene degli strumenti per la preparazione e l'assunzione della dose, contaminazione batterica delle dosi acquistate, ecc.), le infezioni batteriche e virali hanno in questo gruppo sociale un'incidenza notevolmente maggiore che nel resto della popolazione. Esse sono responsabili di alcune delle numerosissime affezioni di varia gravità che colpiscono gli eroinomani, tra le quali:
- setticemie, con o senza endocarditi (infiammazioni delle membrane delle valvole e delle pareti interne del cuore ad elevata mortalità);
- polmoniti;
- infezioni delle ossa, delle articolazioni e dei reni;
- epatiti virali;
- AIDS;
- Toxoplasmosi;
- Citomegalovirus;
- ascessi, lesioni e ulcere della pelle;
- infiammazioni dei vasi
A livello polmonare, la presenza di corpi estranei o di sostanze da taglio per l'eroina può causare l'insorgenza di granulomi. Gli eroinomani sono maggiormente esposti al rischio di contrarre la tubercolosi rispetto alla popolazione generale. Negli eroinomani si possono osservare, inoltre, pleuriti purulente, asma, embolie da infezione microbica.
Un disturbo al sistema nervoso correlato alla eroinomania piuttosto diffuso è quello dell'ambliopia tossica da chinino. Il chinino, usato per tagliare l'eroina di strada, esercita un'azione tossica sulle strutture del sistema nervoso preposte alla sensibilità visiva e quindi la sua assunzione abbassa la vista sino a provocare la cecità. L'eroina di strada è spesso prodotta da chimici improvvisati che tavolta possono giungere a sintetizzare e quindi spacciare sostanze estremamente tossiche per i tessuti cerebrali. È il caso dell'MPTP, un'eroina sintetica capace di distruggere selettivamente i nuclei cerebrali preposti al controllo del movimento e di provocare, nel giro di poche ore dall'iniezione, forme gravissime di parkinsonismo, sino alla completa rigidità muscolare.

Eroina e funzioni sessuali e riproduttive
L'eroina interferisce con la regolazione centrale del sistema endocrino e quindi altera le funzioni in cui sono implicati processi ormonali. Le funzioni sessuali risultano vistosamente influenzate. Si manifestano nell'uomo una diminuzione della libido sessuale, impotenza, eiaculazione ritardata, diminuzione della fertilità. Nella donna, invece, sono comuni le turbe al ciclo mestruale.
Le eroinomani presentano in media un maggiore rischio di aborti spontanei e parti prematuri. I bambini di madri eroinomani hanno uno sviluppo fetale minore della media e, al contrario, una mortalità superiore. Un elevato rischio di mortalità è quello connesso alla manifestazione nei neonati della sindrome d'astinenza. La dipendenza fisica all'eroina infatti si trasmette dalla madre al feto e conseguentemente il neonato va immediatamente trattato con terapia farmacologica adeguata.